CAMPO ESTIVO - 6/13 Agosto 2005

Traversata Orecchiella - Carù

Testo di Nicolò Giubilato - Foto di Marco Pardini e Roberto Baldi


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Penso che l'aggettivo adatto per questo campo sia "strano" (in senso positivo, ovviamente), è stato un'esplosione velocissima e molto intensa; non ho provato le stesse emozioni che provai l'anno scorso o due anni fa... Avevamo instaurato uno strano legame fra tutti che penso abbia fatto molto bene al gruppo! Ma bando alla ciance, ecco a voi il resoconto di questa settimana:


PRIMO GIORNO: 6 AGOSTO

Partiamo, come ogni anno, alle 9 di mattina dal terminal bus di Pietrasanta, dopo mille saluti partiamo veramente: noi Giovani Escursionisti (G.E.) con  destinazione Orecchiella. Arrivati all'orto botanico dell'Orecchiella prendiamo l'attrezzatura di squadriglia (pennato, sega, telone, bussola), ci contiamo e, finalmente, facendo il primo passo verso il camping (dove era prevista la sosta pranzo), diamo inizio al campo mobile del 2005. Dopo circa 15 minuti di strada raggiungiamo il camping dove dai nostri grandi zaini iniziano a uscire ogni tipo di cibarie: formaggi, salumi, panini, vino, caffé... Con la pancia piena e lo zaino un po' più leggero ci incamminiamo verso il posto tappa per la notte: una radura nella faggeta del parco dell'Orecchiella dove il nostro capo Roberto ci aspettava con la macchina logistica (caricata di tende, acqua, cibo, fornellini, pentole ecc). Il camping era molto più basso del posto tappa quindi il sentiero era in salita. Un po' perchè il primo giorno di campo è sempre abbastanza sconclusionato, un po' perchè una bella salita così subito all'inizio del campo è veramente massacrante, un po' perchè la fila di squadriglia era ancora lontana dalle nostre menti: il lungo serpente di individui in fila Longobarda (indiana, ma solo chi era al campo può capirmi) si sgretola e quindi il tempo passa perchè il primo doveva aspettare l'ultimo della fila e questo procedimento fa perdere molto tempo e fa fermare il gruppo ogni tre per due e vi assicuro che non è bello sostare spesso in salita.
Nonostante tutto il gruppo arriva al posto tappa anche in anticipo. Subito notiamo con molto piacere che la fontana funzionava (cosa abbastanza difficile d'estate perchè quasi tutte le fonti sono secche con questo caldo). Dopo aver bevuto iniziamo a montare le tende e i poggia-zaini d'emergenza: consistono in gradoni da fare con i legni che alzano lo zaino da terra proteggendolo da eventuali piogge, finito questo le squadriglie iniziano a cucinare con i fornellini da campo sui tavoli (non potete capire com'è bello cucinare sui tavoli cioè, siamo abituati a cucinare per terra con il fornello abbastanza in bilico invece, questa sera, avevamo a disposizione una base pari dove poter cucinare con calma e senza la costante paura che la pentola possa cascare!). Il menù lo ricordo un po' male (perdonatemi ma è passata una settimana e la memoria tradisce con il tempo) sono sicuro però che abbiamo cucinato la pasta normale e non quella liofilizzata che viene quasi sempre cattiva: a cena noi Gekis avevamo un ospite (un capo che per comodità
(si fa per dire n.d.r.) mangiava con noi): il Nuovo Escursionista (N.E.) Lorenzo che ha potuto gustare le nostre delizie (ah ah ah). Dopo cena laviamo le gavette alla fontana e iniziamo a fare il nostro solito cerchio notturno (tutti insieme giochiamo stando appunto in cerchio). Quest'anno i capi avevano deciso che anche durante il campo mobile l'ambientazione del campo (Indiani d'America) sarebbe stata presente; quindi ci mettiamo il nostro vestito da indiani e iniziamo a giocare ed ecco che subito sentiamo delle voci: Angelo e altri capi che arrivavano facendo finta di essere una tribù di indiani: gli Arrapao, infatti le squadriglie si erano date un nome di tribù: i Gekis erano i Sioux, le Orsette Lavatrici erano Cheyenne e le Pulci i Mohicani. Dopo aver giocato andiamo tutti in tenda a dormire perchè l'indomani sarebbe stata una giornata abbastanza dura e faticosa. La Valentina ci legge una leggende indiana e il sonno incombe su noi tutti!


SECONDO GIORNO: 7 AGOSTO.

Ecco che alle sette e mezzo dopo circa 8 ore di sonno Angelo ci sveglia con la solita canzone: "Al chiaro del mattin, al chiaro del mattin, ci sveglia la canzon, ci sveglia la canzon...". Velocemente facciamo gli zaini e ancora più velocemente smontiamo le tende. La causa della nostra fretta era una salita definita massacrante dai capi che l'avevano fatta al sopralluogo. Intorno alle 9 partiamo, dovevamo raggiungere per dormire il rifugio Battisti (1750 m. s.l.m. ) distante circa 10 chilometri e molto più alto dell'Orecchiella. Partiamo e la salita inizia subito, procedendo adesso in fila di squadriglia ( vice capo in coda, squadriglieri nel mezzo e capo all'inizio) procediamo molto più veloce; bhè, se dovessi trovare una ragione sarei in difficoltà, penso che il motivo di questa magia della fila di squadriglia sia che, all'interno del grande gruppo, si formano tre sottogruppi che, ovviamente, sono più facili da controllare.Fatto sta che procediamo abbastanza velocemente e intorno alle 11 e 30 vediamo una delle tante nostre cime da conquistare: il Monte Vecchio (1982 metri s.l.m.). Usciti appunto dalla faggeta vediamo questa salita lunghissima; vorrei spiegarvi perfettamente questo paesaggio, io ci provo vi chiedo solo un bel po' di immaginazione: allora, circa due ore di cammino in salita, circa 15 chili di zaino sulle spalle, tanta voglia di stare insieme nel cuore e la vista di una collinetta molto in pendenza e, dietro a questa collinetta: l'immenso, a destra si vedeva un grande monte chiamato Vecchio che saliva come una rampa di scale da sinistra verso destra....La collinetta è stata molto pesante perchè camminare nel paleo è facile e quindi i passi vengono uno dopo l'altro senza problemi e il ritmo è sostenuto. Invece quando iniziammo la salita vera e propria del monte Vecchio (chiamata gli Scaloni) il sentiero era roccioso e i passi dovevano esser fatti più lentamente perchè il sentiero era più difficile e quindi l'attenzione deve essere maggiore e inoltre il camminatore vede al suo fianco il dirupo quindi l'adrenalina sale alle stelle. Conquistato il Monte Vecchio il panorama cambia, ora la vista dà sull'Appennino e le Apuane rimangono alle nostre spalle, sinceramente la fatica di questi famosi Scaloni è stata del tutto ripagata da una vista del genere. Prendendo per il sentiero 00 giungiamo in vetta al Monte Prado (2054 metri s.l.m.) dove mangiamo e dove ci riposiamo un po'. Dopo il pranzo scendiamo in riva al Lago Bargetana (1761 metri s.l.m), come potete notare dall'altimetria il lago è più basso del Prado e questo dislivello era in discesa veramente ripida che, con lo zaino pesante e con una lunga salita alle spalle, è quasi distruttiva. Quindi in riva al Bargetana ci sediamo e iniziamo ad osservare le cime con i nostri binocoli. Dopo cataste e gare di lancio del sasso nel lago ripartiamo verso il nostro posto tappa per dormire: il Rifugio Battisti. Dopo un po' di strada sterrata arriviamo al rifugio. Pensate di essere un gruppo che da due giorni cammina e cucina tutti i pasti su un fornellino da campo perennemente in bilico, pensate di mangiare da due giorni (e sapere che ancora per cinque giorni sarà così) pasta o troppo cotta o troppo al dente ecc, ecco se riuscite a immaginare tutte queste cose potete forse immaginare la nostra felicità nel vedere i proprietari del rifugio che ci servivano una pasta ottima, rosticciana e polenta di secondo: tutto buonissimo. Dopo cena scendiamo nella vallata sotto il rifugio (l'unico posto al riparo dal fortissimo vento) e cerchiamo di guardare un po' le stelle che quella sera ci sembravano tanti puntini luminosi e oltre ai due "Carri", forse alla Corona Boreale e a Cassiopea le altre costellazione erano completamente ignote alle nostre menti. Dopo poco rientriamo nel rifugio con un sorriso grandissimo per il calduccio e per, finalmente, un bel materasso sul quale poter dormire tranquillamente!


TERZO GIORNO: 8 AGOSTO

Quando, questa mattina, la Valentina ci sveglia io ho sperato con tutto il mio cuore che la voce gridante "sveglia, sveglia!" fosse solo un sogno, è troppo bella una dormita su quel vero e proprio letto di rose. Purtroppo mi devo accorgere che la voce della Vale e Fabrì non è un sogno ma la realtà. Rifatto il sacco a pelo e lo zaino scendiamo a fare colazione con nutella, miele, pane e forse con il thè (teio per gli abitanti di Montignoso) più buono che io abbia mai bevuto! Appena partiti la salita non tarda ad arrivare infatti verso l'ora di pranzo arriviamo alla foce del Cusna (2120 metri s.l.m.) dove la maggior parte del gruppo si ferma e dove cinque o sei temerari (alcuni senza zaino e tre masochisti portando anche lo zaino considerandolo fedele amico e compagno meritevole da portare in vetta ad un monte così importante) partono verso la cima del monte più alto dei dintorni. Dopo la foto e la classica scritta sul libro di vetta ritorniamo dal resto del gruppo.  Scendendo possiamo vedere la colonia, un puntino bianco con un campanile. Ritornati tutti alla foce iniziamo a mangiare e dopo intravediamo nella vallata un gruppo scout che stava venendo verso di noi: decidiamo di aspettarli. Dopo venti minuti circa arrivano anche loro alla foce e iniziamo a parlare: loro erano un reparto di C.E.N.G.E.I di Padova che, casualità aveva il campo vicino a dove noi saremmo andati a dormire due notti dopo; quindi ci diamo appuntamento al torrente Lucola dove noi saremmo arrivati il 10. Dopo la salitona della mattina il pomeriggio ci toccava una vera e propria discesa, infatti dalla foce iniziamo a scendere verso la faggeta più bassa, la discesa era veramente ripida ma c'è un detto che dice: "in discesa camminino anco i ciocchi" quindi senza tante difficoltà riusciamo a raggiungere il boschetto dove la strada si spianava continuando comunque a scendere. Intorno alle cinque arriviamo agli impianti di risalita Febbio 2000 dove ci compriamo un bel gelato che con quel caldo penso sia stata una delle più belle sensazioni mai provate: un refrigerio grandissimo. Ora, per strada sterrata, dovevamo raggiungere Pian Vallese (1280 metri sl.m.----> notare che dal Monte Cusna a Pian Vallese ci sono quasi 1000 metri di dislivello) dove ci saremmo potuti riposare a dovere perchè in questa bellissima radura in mezzo alla faggeta ci saremmo fermati due giorni: l'attività del giorno dopo, però, era a noi ancora sconosciuta. Piantate le tende i cuochi iniziano a cucinare e gli altri membri della squadriglia iniziano a fare la legna per il fuoco della sera. Ecco che dagli zaini iniziano ad uscire pennatini, seghetti, machete ecc... Il menù della cena era:  tordellini con panna e prosciutto e svizzere con sottiletta, questa sera l'ospite di noi Gekis era Angiolino che ci ha dato una valido aiuto nel cucinare! Finalmente potevamo fare il cerchio intorno ad un vero fuoco (e vi assicuro che non è facile perchè è vietato fare fuochi nel parco). Dopo qualche gioco per riscaldarci ci viene consegnato un foglio con una storia indiana, io ve la riporto qui perchè è talmente bella che penso debba essere condivisa con tutti voi:
"Avevo appena abbandonato il mio villaggio e dietro le mie spalle saliva lento il fumo dei fuochi accesi. Gli Spiriti mi avevano parlato e mi avevano detto di andare al di là delle Montagne fino alla Grande Valle; lì avrei avuto la mia Visione. Giunsi alla Grande Valle quando il Sole tingeva di rosso le Montagne del Tuono; montai la mia tenda, accesi il fuoco, preparai il Cerchio e mi sedetti al centro di esso in attesa. La luna era già sorta e tramontata quando, dopo un soffio di vento gelido, alzai gli occhi al cielo.... ed ebbi la Visione promessami dagli Spiriti. OCCHI DI CIELO (SHO SHONE)."

Dopo la consegna del foglio ognuno sarebbe potuto andare ovunque a pensare a questa storia, al campo, alla vita, a quello che voleva.Bhè, dirvi cosa ho pensato io sarebbe stupido e insignificante perchè in queste situazione è difficile pensare....pensi a tutto e a niente ma, solo dopo, una volta ritornato a valle, come per magia, ogni tuo dubbio ha ora una risposta. Ma provate anche voi: stampatevi questa storia e andate in un posto dove il rumore delle macchine non si sente e dove le luci della città non si vedono e lì, con pazienza, aspettate le vostre risposte o la vostra visione.


QUARTO GIORNO: 9 AGOSTO

"Al grigior del mattin, al grigior del mattin; ci sveglia l'acquazzon, ci sveglia l'acquazzon, al grigior del mattin, al grigior del mattin ci sveglia l'acquazzon di Ramon [....]" Ecco la sveglia della terza mattina: la solita canzone per la sveglia rifatta dalla squadriglia Foionchi (staff) che per ogni campo inventano due o tre cover per testimoniare i poteri (sempre e unicamente negativi) meteorologici di Angiolino. Fatto sta che qualunque sia la sveglia è bello svegliarsi e pensare che per tutto il giorno saremmo stati fermi nel solito luogo, ovviamente avremmo lavorato ma per oggi niente salite e niente sudore. Dopo colazione i capi ci fanno un ripasso dei più importanti nodi, fatto questo ci accompagnano in un canalone nella faggeta e facciamo due gruppi: uno scendeva con l'imbraco e il discensore ad 8 in corda doppia; l'altro scendeva con l'imbraco fatto con la corda personale e con il mezzo Barcaiolo al moschettone. Questa attività è stata veramente ganza: vedere come con quasi niente un individuo, se si trovasse in difficoltà, potrebbe levarsi dai guai ripeto soltanto con un moschettone e la corda personale; veramente divertente e, più che altro, molto utile. L'ora di pranzo arriva e iniziamo a cucinare, noi Gekis avevamo come ospite Fabio il menù era pasta di primo (scusatemi ma il sugo non me lo ricordo) e carne fritta di secondo. Dopo mangiato ogni squadriglia prende carta e penna e bussola di squadriglia. Un gioco ci aspettava: partivamo e ci veniva consegnato un foglio con l'azimut di un determinato posto e un indovinello che ci diceva i passi da compiere in quella direzione. Quindi, un membro della squadriglia prendeva l'azimut con la bussola e un'altro faceva quel tot di passi in quella direzione, alla fine del tot di passi dovevamo trovare un biglietto con un indovinello che ci faceva trovare un altro bigliettino con i passi e con l'azimut ecc... Essendo noi Gekis una squadriglia di 7 individui e quindi numerosa (ovviamente in confronto alle altre due femminili di 4 ciascuna) abbiamo avuto un po' di problemi perchè un gioco che per farlo sono più che sufficienti 3 persone, doverlo fare con 7 individui con diversi caratteri vi assicuro che non è facile. Fatto sta che la squadriglia dei Gekis si conquista il secondo posto, sorpassata dalle Orsette Lavatrici e seguita dalle Pulci.Il pomeriggio era ancora giovane e la prossima attività era un'attività diversa, mai fatta prima, penso: nella grande radura erano posizionati dei sassi collegati l'un l'altro da stecchi: fate conto che ogni sasso sia una stella e ogni insieme di stellle-sassi una costellazione e la grande radura il cielo. I nostri esperti di stelle Lorenzo e Marco iniziano a spiegarci le costellazioni e le leggende ad esse attribuite. Parlando di Ercole, dell'Orsa Maggiore e Minore, dell'Aquila, del Cigno, della Corona Boreale, di Cassiopea, della Lira e di altre tantissime costellazione si fa l'ora di cena e quindi i nostri cuochi iniziano a fare il pane e iniziano a tagliare la carne per gli spiedini, mentre i cuochi preparano il tutto e mentre i pionieri accendono il fuoco il resto della squadriglia cerca dei rametti per gli spiedini, due a testa: uno per lo spiedino e uno per il pane. Cena sublime. Dopo cena aspettiamo che la notte cali del tutto e ci rechiamo in un prato vicino alle tende. Qui i sassi di poche ore fa diventano stelle e tutti quei puntini che 48 ore prime ci sembravano solo lucine ora prendono forma e le costellazioni ci appaiono quasi semplici e facilmente individuabili. Tornati in tenda la Valentina legge la storia indiana di routine e con la testa piena di nozioni nuove mi addormento.


QUINTO GIORNO: 10 AGOSTO

La sveglia non tarda mai quindi verso le otto eravamo già tutti in piedi con gli zaini fatti. Rifatte le tende, molto a malincuore lasciamo Pian Vallese. Oggi dovevano orientare le squadriglie. Iniziano le Pulci che ci portano fino al Rifugio Zamboni località Peschiera (1141 metri s.l.m.); più che un rifugio sembrava un vero e proprio albergo da ricchi con fontana dove poter pescare, bar, ristorante ecc... Dopo una piccola pausa ripartiamo, ora a orientare stava alle Pulci. La strada era ora in salita e il sentiero era pochissimo frequentato quindi sembrava di essere in una vera e propria jungla, ma le scepe e i rovi non ci fanno paura: tiriamo su i calzini e camminiamo ugualmente sotto un sole che, fortunatamente, era coperto dalle nuvole. Intorno a mezzogiorno arriviamo al caratteristico rifugio Monte Orsaro (1312 metri s.l.m.) costruito in stile del Trentino: piano terra in pietra e secondo piano in legno tipo baita; al rifugio beviamo e siamo consapevoli che il peggio deve ancora arrivare, diamo un'occhiata all'altimetria: siamo partiti da 1280 metri s.l.m. per arrivare allo Zamboni che è alto 1141 metri s.l.m.: niente di che ma dallo Zamboni al rifugio Orsaro ci sono più di 200 metri di dislivello che, in un sentiero abbandonato sono sicuramente avventurosi ma anche faticosi. La fame si stava sentendo e il sole, ogni tanto, faceva capolino dalle nuvole creando un caldo quasi mortale. Per pranzo dovevamo arrivare alla foce del Monte Prampa che si trova a ben 1544 metri s.l.m., duecento metri di dislivello non sono quasi niente ma fatti in 800 metri dopo 4 giorni di campo e con circa 20 chili di zaino vi assicuro che non sono niente male. Arrivati in cima alla salita mi è sembrato di aver conquistato il paradiso e la felicità di averla finita era enorme poi, come disse Paolo su una relazione di un'uscita, la fatica viene presto scordata ma la felicità e i bei momenti rimangono sempre impressi.... Dopo aver ripreso fiato iniziamo a cucinare sui nostri carissimi fornellini; devo essere sincero: forse sarà stata la fatica e la fame eccessiva o forse il mio palato ha sentito bene, fatto sta che questo risotto alla milanese liofilizzato è stato il più buono che io abbia mai mangiato in montagna e il bello è stato che abbiamo aspettato pochissimo con un risultato eccellente. Di secondo c'erano i gli unici e irripetibili fagioli all'uccelletto che invece non hanno fatto il picco di qualità ma sono rimasti sullo stesso piano delle altre volte. Finito di mangiare segue il guadagnato riposo. Ripartiamo con gli zaini molto più leggeri (meglio un chilo in più nella pancia che sulle spalle) bisognava arrivare per il pernotto al torrente Lucola; adesso toccava a noi Gekis orientare e condurre il gruppo fino al posto tappa. Il sentiero non era niente di difficile e il sopralluogo fatto circa due mesi prima ci ha aiutato. Verso le sei, penso, arriviamo al posto tappa e notiamo con piacere che i C.E.N.G.E.I. incontrati tre giorni prima avevano il campo a pochi metri dalle nostre tende che Cristiano (essendo arrivato qui in macchina logistica) aveva già montato per noi, vi assicuro che non dover montare la tenda e potersi rilassare due minuti in più è una gradevole sensazione....Ma siccome il lavoro non manca mai dividiamo le squadriglie in due gruppi: uno lavava le pentole sporcate a pranzo, l'altro faceva la legna per isolare gli zaini dal terreno come la prima notte perchè il tempo non prometteva niente di buono. Infatti l'acqua non tarda ad arrivare quindi con corde personale e telone di squadriglia facciamo un piccolo angolo fra gli alberi dove avremmo potuto cucinare e mangiare senza bagnarci. Ovviamente, una volta montato il tutto, smette di piovere. Iniziamo a cucinare la pasta e l'uovo di secondo. Due dei nostri capi, mentre noi cucinavamo, vanno ad invitare il reparto del C.E.N.G.E.I. al nostro cerchio; purtroppo avevano da fare delle promesse e un gioco notturno quindi hanno dovuto rifiutare il nostro invito. Organiziamo il cerchio e, dopo, andiamo a leggere le leggende indiane nel prato accanto alle tende. L'atmosfera era diversa: chi ha letto il resoconto del campo dell'anno scorso, si può ricordare che alle radici i nostri capi ci fecero un bello scherzetto per farci alzare la notte alle quattro. Ecco, l'aria di quella sera ha fatto rimembrare a tutto il gruppo quello scherzo; volete sapere gli indizi? Bhe, non saprei: ci hanno fatto il thè, al cerchio abbiamo urlato un po' di più, la Vale era molto affettuosa (non dico che sia strano ma fra noi era scattata questa scintilla e tutti pensavamo che gatta ci covasse). Andiamo a letto tutti sospettosi ma i sospetti svaniscono appena le stanche membra toccano il sacco a pelo.


SESTO GIORNO: 11 AGOSTO

Svegliandomi capisco subito che aveva piovuto (forse perchè nella notte mi ero svegliato e avevo sentito la pioggia o forse perchè ho un sesto senso....scherzo!!!!!!). Uscendo dalla tende il mio sospetto diventa una sicurezza: tutto era bagnato. Per fortuna la sera prima avevamo isolato per bene gli zaini che quindi erano rimasti asciutti. Fatta colazione sotto i teloni lasciati volontariamente ancora montati andiamo a sfare le tende. Partiamo con i copri-zaino sopra lo zaino perchè il cielo era veramente plumbeo. La destinazione di oggi era la meta finale: la colonia dove stavano gli scoiattoli, quel puntino che dalla vetta del Cusna sembrava dall'altra parte del mondo. Partiamo, le due squadriglie femminili alla guida verso il paese di Montegagno (o Montecagno----> in certe cartine è riportato con la c, in altre con la g); arriviamo al paese tramite la strada sterrata; mentre noi camminavamo il cielo diventava sempre più nero. Arrivati al Paesino proprio mentre stavamo imboccando il sentiero inizia a piovere: una volta indossati i ponchi ripartiamo senza problemi, non pioveva eccessivamente. Le cose, purtroppo, peggiorano e la poggia diventa sempre più fitta e l'avventura cresce. Per arrivare a Cerrè c'era un sentiero e poi, in fondo,
una strada sterrata che serve ai trattori per spostarsi da un campo all'altro: queste sono strade fangose sulle quali i trattori hanno lasciato dei solchi molto profondi con le ruote e quindi, oltre alla mota, quella mattina nei solchi si erano creati dei piccoli torrentelli... Sembrava di essere in un gioco di Gardaland, tutto perfetto: la pioggia fissa e continua, il nostro spirito neanche un briciolo mutato dalle condizioni meteorologiche, il passo sostenuto, i tuoni (un po' come nei film) in lontananza e solo dopo 5-6 secondi potevi sentire il rumore! Veramente strepitoso. Da Cerrè a Carù (dove avevamo la colonia) abbiamo deciso di prendere la strada. La pioggia non intende smettere ma noi arriviamo ugualmente, introno all'una, alla colonia dove le nostre cuoche avevano preparato il minestrone. Dopo un'asciugata veloce siamo tutti a tavola nuovamente contenti di essere serviti e di mangiare senza dover cucinare. Dopo pranzo sistemiamo per bene le nostre cose nella stanza a noi riservata dagli scoiattoli; inoltre gli scoiattolini, per accoglierci, ci avevano preparato un totem di 5 metri che innalzarono adesso, in memoria del nostro vecchissimo patto di amicizia e fratellanza. Nel pomeriggio (visto che il cielo era nuovamente azzurro) ci aspettava il relax, il meritato ozio: la piscina. Montati in macchina raggiungiamo il paese di Villa Minozzo e entriamo in piscina dove però la commessa del bar ci dice che il bagnino era andato via perchè aveva visto tempo brutto, la nostra risposta è stata: "bah!!!!". Un po' tanto, anzi molto, meglio COMPLETAMENTE delusi torniamo alla colonia dove iniziamo a farci la doccia (per chi non lo avesse pensato era circa 5 giorni che non ci lavavamo seriamente, quindi vi lascio immaginare le nostre condizioni!!!!!). La sera c'era il primo cerchio tutti insieme. L'ambientazione del campo erano gli indiani: noi G.E. eravamo la tribù nomade che raggiunge la tribù dei Caribù sedentaria e che, in memoria
di una vecchia amicizia, donerà dei regali. Infatti dopo la doccia iniziamo ad insacchettare tutte le erbe raccolte durante il percorso e facciamo sul cuoio le costellazioni del piccolo e del grande carro.Il cerchio la sera toccava organizzarlo alla squadriglia dei Gekis quindi proponiamo qualche gioco e alla fine ci scambiamo i doni: noi avevamo portato agli scoiattoli un paio di sandali fatti con il cuoio e con il cordino, il ritratto dei due carri e delle erbe; loro invece ci donavano dei porta foulard con sopra scritto il nostro nome. Inoltre questa sera sono state fatte due promesse: il foulard nuovo di zecca al collo è stato dato a Marco e alla Francesca. Dopo il cerchio questa era la grande notte dei Totem: ognuno di noi G.E. ha un secondo nome che, in determinate occasioni, diventa il suo vero nome; ovviamente i G.E. che sono entrati quest'anno, questo nome non ce l'hanno e in una notte di campo se lo devono guadagnare. Le mozzarelle (coloro senza totem) devono superare una serie di prove che hanno come ultimo gradino il tenere in bocca 10 secondi un brodino preparato dai capi che attribuirli l'aggettivo vomitevole è poco (non per niente si chiama cicuta)...Comunque tutte le mozzarelle si sono guadagnate il nome totemico: Mattia è diventato Camaleonte Sospettoso, la Rachele è adesso Ghiandaia Solare, Nicolò si chiama ora Facocero Irruento, Andrea Muflone Entusiasta, la Chiara Lemure Testarda e la Francesca è ora Cerbiatta Discreta. Puliti ci dirigiamo verso le tende montate prima di andare in piscina e, anche con la pioggia battente, ci addormentiamo...


SETTIMO GIORNO: 12 AGOSTO.

Penso che questa sia stata l'unica mattina dove la sveglia ci è stata data dopo le otto. Usciti dalla tende il sole aveva asciugato tutta la pioggia. Ancora dormienti e con l'aria da veri zombi raggiungiamo la sala da pranzo dove ci viene servita la colazione. Da programma dovevamo partire per la pietra di Bismantova ma nuovamente il tempo non era il migliore e quindi la staff decide di riamanere al campo base. La mattina è caratterizzata da giochi molto tranquilli a parte il famigerato torneo di scalpo a coppie, praticamente consiste in quattro persone (due squadre da due individui ciascuna) in un ring che devono levare il foulard incastrato tra i pantaloni e le mutande ai due concorrenti della squadra avversaria. Vincitrice del torneo la squadra dei Lam and co (penso) formata da Timothy e Mattia. La sera dovevamo fare la gara di cucina (con annessa gara alla gara di cucina) dove ogni squadriglia porta ai capi i più prelibati piatti che riesce a fare con un tot di soldi cucinando il tutto, come sempre, sul mitico fornellino da campo. Il primo quindi viene cucinato dalla squadriglia e non dalla cucina, il secondo invece ce lo hanno servito come sempre. A stomaco pieno inizia la "verifica" dei nodi: una persona per squadriglia alla volta doveva riconoscere a occhi chiusi i nodi e poi, ancora difficile, sempre con gli occhi tappati farli. Quando ci hanno detto cosa dovevamo realmente fare ho pensato all'inferno. Ma mi sono dovuto ricredere quasi immediatamente. I nodi venivano riconosciuti facilmente e fatti con calma ma fatti bene. Il risultato è stato strepitoso e ha fatto rimanere a bocca aperta gli stessi capi: neanche un errore su tre riconoscimenti e tre composizioni (ripeto con gli occhi tappati) per squadriglia; un totale di 18 nodi perfetti. Non potete capire com'è eccitante levarsi il cappuccio e vedere che il nodo è fatto bene! Veramente strepitoso: siamo dei grandi. I cuochi vengono accompagnati da Fabrizio e la Valentina a fare la spesa per la gara. Il gruppo restante inizia a ripassare le costellazioni, tutto appare (un po' come per i nodi) facile, vengono chiariti dubbi, le tante domande ottengono risposta e ormai tutti quei puntini non ci spaventano più e anche quella sera, guardando il cielo, non siamo rimasti del tutto spaesati. Bisognava aspettare i cuochi che ritornavano dalla Coop (lontanissima da Carù, ovviamente). Ci dividiamo velocemente in squadre e iniziamo a giocare a roverino, un gioco fenomenale: tipo basket che al posto della palla ha una corda a cerchio (roverino) e che ogni giocatore ha il foulard nei pantaloni e l'avversario glielo deve strappare (quando ha il roverino in mano) per far sì che il roverino passi al squadra dello "scalpatore". Complicatissimo da spiegare ma una volta che le regole ti sono entrate in mente e quando capisci un po' le tattiche tutto appare più chiaro e il divertimento (e il sudore) va alle stelle; questa è stata un bella partita con un po' di sana competizione e con tattiche che si sono rivelate eccellenti. Penso che sia stata una delle partite più belle che io abbia mai fatto. Arrivati i cuochi (intorno alle sette) le squadriglie iniziano a cucinare con qualche incidente di percorso (avevamo trovato un fungo e volevamo farci la pasta ma, purtroppo, il fungo è andato a male e quindi....siamo rimasti senza sugo: abbiamo rimediato con un po' di pomarola.....), fatta la pasta alla bene e meglio iniziamo a fare le svizzere con i pomodori di secondo... Niente di che......Il nostro gradino più alto (un bell'8) è stato il dolce con la nutella e panna che è stato curato nei minimi particolari e il gusto era veramente piacevole per il palato!!!! Un po' di suspance la lascio anche a voi, ve lo dirò quando lo dissero a noi la squadriglia vincitrice e (ahimè) quella perdente della gara. Dopo la gara di cucina è di routine la gara alla gara di cucina: i partecipanti devono mangiare (e bere) le cose più schifose che sono avanzate; non vi dico niente perchè se avete mangiato da poco rischio di farvi vomitare tutto....vi assicuro che è stata un bella gara ricca di prove e concorrenti!!!!!! Il cerchio questa sera era organizzato dalle squadriglie femminili. Questa era l'ultima sera e tutti sapevamo che ci aspettava il gioco notturno. Infatti gli scoiattoli avevano perso il grande bastone del loro capo Penna Nera e dovevano ritrovarlo ma noi G.E. avevamo un individuo un po' diverso: il nostro grezzone Cristiano si era trasformato in una farfallina delicata e molto per bene che rinnegava tutti gli attributi del vero Foionco. C'era solo un modo per far diventare Cristiano un foionco come prima: il caffè alla diavola. Dovevamo trovare i pezzi di un puzzle che avrebbe composto la frase che svelava il nascondiglio degli ingredienti da riservare al nostro N.E. malato. I pezzettini del puzzle erano sparsi nel campo sopra il totem e noi, senza torce e con un colore disegnato sulle gote, dovevamo cercarli. Il bello era che mentre davamo la caccia ai bigliettini quattro spiriti maligni (ovviamente muniti di torcia) ci potevano vedere il colore e squalificarci per un turno, poi bastava andare nuovamente al totem e rifarsi tingere la faccia e il gioco ricominciava. Il colore lo potevi coprire con qualunque cosa meno che con le mani. Spiegato così, come quasi ogni attività motoria, non rende ma, quando cercavamo questi
bigliettini potevamo ruzzolarci nel prato per coprire il colore, potevamo tastare ogni centimetro quadrato con la testa a terra per non far vedere il colore, potevamo abbracciarci due a due per coprire la faccia con quella del compagno, potevamo correre a più non posso per fuggire dagli spiriti maligni. Fate conto che ora, a distanza di 4 giorni dal gioco la mia maglietta (lavata più volte) ha ancora aloni marroni che ricordano quella sera e quel gioco che penso sia rimasto impresso a molti di noi! Dopo il cerchio andiamo a bere il the in cucina (in onore della famosa ultima notte) e i capi ci dicono la classifica della gara di cucina: terzo posto meritato dalla squadriglia maschile dei Gekis, secondo gradino occupato dalle Orsette Lavatrici e l'oro quest'anno è stato guadagnato dalle Pulci. Stanchi morti andiamo a letto consapevoli dell'arrivo dei genitori l'indomani.


ULTIMO GIORNO: 13 AGOSTO

Svegliati dal C.d.Q. (capi e vice degli scoiattoli) che ogni anno fanno l'attacco alla cambusa e ci preparano i soliti biscotti con nutella, ci rechiamo verso la sala da pranzo dove facciamo colazione. La notte non aveva piovuto quindi le tende erano perfettamente asciutte: senza problemi le rifacciamo con molta attenzione essendo consapevoli che per un po' staranno chiuse. Fatte le tende e riassettati gli zaini iniziamo a fare la solita verifica del campo: campo giudicato un po' da tutti molto tecnico e pienissimo di attività che però non hanno stancato o meglio annoiato nessuno; l'unico difetto che un po' tutti hanno constato è il punteggio (dal resoconto levato perchè troppi numeri penso stanchino) che ogni squadriglia doveva raggiungere per avere il budget più alto per la gara di cucina. Alle undici iniziano ad arrivare i genitori e tutto si conclude con 10 chili di pasta.

Ringrazio tutte le persone che, in qualunque modo, hanno creduto in questo campo.


Nicolò Giubilato
Falchetto Entusiasta